Review written by Eneathedevil for debaser.it (April 7, 2005 in the late afternoon)
Vote: 5/5
Eccoci qua: che lo si voglia o no, che lo si accetti o meno, uno studio semiserio della musica leggera italiana non può prescindere dalla conoscenza di questo disco, vero e proprio punto di svolta dell' evoluzione della canzone moderna; "Il mio canto libero", datato 1972, è pietra miliare della produzione battistiana e non solo, supremo esempio di ricchezza orchestrale che fa degli strumenti soggetti necessariamente inscindibili, opera prima del panorama contemporaneo dell'Italietta urlatrice.
È, come nessun altro lp di Battisti - se si esclude "Anima Latina" di due anni dopo -, un lavoro musicalmente complesso, opera a cui partecipano con grande varietà di strumenti ben diciannove musicisti diversi: Lucio si arrangia bene con le chitarre insieme a Radius e Lavezzi, buona l'esibizione di Vince Tempera al piano, decise le percussioni di Gianni dall'Aglio. Sul contenuto del disco si è detto tanto, e quando non si è detto sono bastate le parole di Mogol a parlare per sé: capolavori come "La Luce dell'Est", "Il mio Canto Libero" e "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi" non hanno bisogno di commenti ridondanti, ma onde evitare di rendere ogni critica stucchevole, basterà ricordare lo splendido giro di archi diretti da Gian Piero Reverberi nella malinconica prima traccia dell'album, l'anima gospel e vagamente new-age - nel senso buono del termine - della accorata title-track, l'indimenticabile climax di voce e archi nel sesto pezzo del disco: "Le discese ardite e le risalite" ci riportano alla mente una ricchezza musicale che solo Battisti è riuscito a conferire alla musica leggera italiana. Ci sono momenti di svago come "Luci-Ah" e "Confusione" ove Battisti si sbizzarrisce con le proprie capacità di deformazione vocale, ci sono momenti di dignitosa protesta come "Gente per Bene e Gente per Male" e "L'Aquila", ci sono piccole perle musicali come "Vento nel Vento", uno di quei pezzi a cui un drittaccio come De Gregori non sarebbe potuto rimanere sordo riproponendolo come coda strumentale de "La Leva Calcistica della Classe '68": c'è tutto questo nel Canto Libero, esperienza emotiva di Battisti filtrata attraverso la musica, esperienza reale di Mogol modellata attraverso le parole.
Un capolavoro, un successo. Rimase al primo posto della classifica italiana per oltre due mesi, scalzando dall'Empireo quel mostro sacro che fu "The Dark Side of The Moon", senza irriverenza, con coraggio: è la svolta definitiva della musica leggera in Italia, la ridefinizione del ruolo di cantante nonché di cantautore, la scelta di parlare del sentimento e non del pettegolezzo su di esso, il colpo di grazia alla sgraziata moda degli urletti e dei capelli con la brillantina.
Come può uno scoglio arginare il mare.