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Детали релиза : Lucio Battisti - Anima Latina (1974/2003) [FLAC (tracks + .cue)] | Album | Lucio Battisti - Anima Latina (1974/2003) [FLAC (tracks + .cue)] |
Хэш релиза | c4563d9f482fbbf790aab7bf1def815e4f29c34a |
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Описание/Треклист | Artist: Lucio Battisti Album: Anima Latina Released: 1974/2003 Label: Numero Uno; BMG Ricordi S.p.A. Catalog #: 74321 948222 Genre: Pop Rock; Soft Rock; Progressive Rock; Art Rock; Chanson; Ballad; World Country: Italy Duration: 00:48:11 Tracklisting:01. Abbracciala Abbracciali Abbracciati [7:07]02. Due Mondi [5:15]03. Anonimo [7:05]04. Gli Uomini Celesti [5:09]05. Gli Uomini Celesti (Ripresa) [0:53]06. Due Mondi (Ripresa) [1:10]07. Anima Latina [6:39]08. Il Salame [3:39]09. La Nuova America [2:50]10. Macchina Del Tempo [7:00]11. Separazione Naturale [1:29] |
Info cкрыто спойлером | Раскрыть Review written by cece65 for debaser.it (February 20, 2006 at dawn) Vote 5/5 So che si è già scritto e discusso di questo disco, ma ora è tempo che io descriva le sensazioni che a me ha suscitato e continua a suscitare l’ascolto di questo enorme lavoro di Lucio Battisti. So che molto probabilmente non è così, ma a me piace pensare che questo disco sia stato pensato, scritto e suonato di notte o in un momento più o meno corrispondente all’aurora (quello che sto facendo io con questa recensione). Tutta l’atmosfera generale del disco, infatti, mi sembra immersa in un sogno o in una specie di generale rilassatezza, ma di quella che fa pensare, appunto, ai sogni. Non proverò nemmeno a spiegare i testi di questo disco, troppo complicato farlo, dirò solo che per me ogni frase di questo album è un flash, un ricordo, uno scatto che affiora nella mente. Musicalmente, invece, ci si immerge subito in “Abbracciala, abbracciali, abbracciati” (probabile storia di una notte di sesso con la sua “lei” ) dove sembra di vedere la nebbiolina tipica delle prime luci dell’ alba, l’ora piccola (o grande, a seconda dei gusti) è ben definita da “Che ora è? E’ tardi ormai” . “Due mondi” è un evidente omaggio alla mania musicale del momento, la disco music, la canzone è eseguita in duetto vocale con Mara Cubeddu (chi la ricorda nei Daniel Sentacruz Ensemble?). “Anonimo” sembra essere la storia delle prime esperienze sessuali di un fanciullo, la musica è una delle più complesse dell’ album con svariate citazioni, compreso il flamenco, e che finisce con una curiosa citazione (che sembra suonata da una banda di paese) de “I giardini di marzo” . “Gli uomini celesti” , secondo me, è uno dei picchi dell’ album con una magnifica introduzione di chitarre acustiche suonate dallo stesso Lucio e da Massimo Luca. E qui sollevo una specie di quiz: chi saranno mai gli uomini celesti che portando dei figli alla protagonista, le diranno “Scegli” ben sapendo che lei, ridendo, a loro si unirà? UFO? Chi può spiegarlo?Siccome avevo anche il vinile, ricordo che alla fine di “Gli uomini celesti” giravo il disco e all’ inizio del lato B cosa si poteva trovare? La ripresa de “Gli uomini celesti, con il ritornello accelerato e cantato in falsetto con un veloce accompagnamento di acustiche. Poi solo voce e piano per uno dei momenti più poetici dell’ album, la ripresa di “Due mondi” , solo un piccolo frammento. Ed ecco poi il vero, grande omaggio al Brasile, un pezzo di più di sei minuti dove la parte cantata non ne dura più di uno e mezzo, il resto si poggia su una grande introduzione strumentale a base di chitarre (acustiche, ovviamente), Eminent (la tastiera in gran voga in quegli anni di progressive) e su un finale con cori etnici e percussioni. Sicuramente il vero e proprio manifesto dell’ album. Con “Il salame” si torna a quell’ atmosfera sognante e rilassata di cui si diceva, con un testo però piuttosto banalotto (l’unico dell’ album), mentre “La nuova America” è un sentito omaggio alla musica della PFM di quel tempo, pieno progressive, potrebbe essere la colonna sonora di un film thriller a sfondo romantico. “Macchina del tempo” per me è uno dei massimi capolavori di Lucio, una canzone che ogni volta che la ascolto mi vengono dei flash, delle “fotografie” , quasi mi immagino il tipo disperato col mantello alato che corre sopra il monte e vi si getta giù a braccia aperte e ad occhi chiusi ammirando poi il panorama della natura (i cigni che escono dall’ acqua di un laghetto, campi di grano, ecc. ). Il frammento finale, “Separazione naturale” , chiude degnamente in un’ altra atmosfera da aurora questo disco. Che dire? All’ epoca molti non avevano capito questo album, ma probabilmente questi “molti” non avevano fatto i conti con un Lucio Battisti che diceva più o meno: “Cos’ altro puoi fare quando ogni tua mossa, ogni tuo disco va regolarmente al numero 1? Fare un altro numero 1, oppure cercare nuovi stimoli, nuove sensazioni, nuove emozioni musicali, ed eccovi serviti, io ho fatto così” Ha fatto bene. Review written by Salvatore Setola for ondarock.it (December 27, 2009) È il 1974. Lucio Battisti è reduce da due dei dischi più importanti della sua discografia, "Il mio canto libero" del 1972 e "Il nostro caro angelo" del 1973, contenenti classici della musica italiana quali "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi", "La collina dei ciliegi" e le due rispettive title track, brani all'epoca molto gettonati e ancora oggi amati anche dai più giovani. Ma il Battisti di quell'anno è un artista nuovo e inedito, intento a mettere in crisi l'idea che una parte del pubblico e della critica si era fatta di lui. In "Anima latina", infatti, si perdono le tracce del Battisti nazional-popolare e si scopre un musicista impegnato a rifuggire la melodia semplice e immediata che aveva contraddistinto la sua produzione precedente e che lo aveva reso uno dei cantanti più amati d'Italia, ma nel contempo anche detestato da quelle frange estremiste della critica militante che coglievano nella semplicità delle canzoni d'amore a firma Mogol-Battisti un disimpegno reazionario rispetto alla canzone di protesta e di denuncia sociale proposta dai cantautori "impegnati". Tutte cazzate, ovviamente, sparate da chi allora si ostinava a politicizzare la musica: ogni grande artista ha delle sue peculiarità, e se la poesia anarchica di Fabrizio De André e Claudio Lolli conserva ancora il suo fascino ribelle, le "canzonette" di Lucio Battisti e Mogol hanno la capacità di toccare le corde più sensibili dell'uomo comune. In "Anima latina", però, le melodie diventano più complesse e meno immediate, la ritmica si complica (concedendosi in alcuni casi anche tempi dispari) e gli arrangiamenti stratificati offrono la possibilità a Battisti e alla sua band di entrare e uscire ripetutamente dal formato-canzone. Praticamente una rivoluzione per il pop italiano dell'epoca. Rivoluzione che coinvolge anche i testi di Mogol, i quali, a parere di chi scrive, raggiungono qui il loro apice di intensità: già nei dischi precedenti Giulio Rapetti (vero nome del paroliere italiano) era riuscito a limitare le cadute di stile e le banalità in cui spesso incappava, ma è in "Anima latina" che le sue composizioni liriche emergono in tutto il loro splendore evocativo, immaginifico e icastico. "Anima latina" mostra, dunque, un'altra faccia di Lucio Battisti, quella dello sperimentatore che, dopo un viaggio in Brasile e Argentina, accoglie le influenze delle musiche tradizionali sudamericane declinandole alle dinamiche non solo della canzone d'autore, ma anche della musica prog italiana. Una via mediterranea al progressive rock: questo è il significato musicale ultimo del titolo "Anima latina". I musicisti coinvolti nel progetto sono molteplici: Bob Callero e Ares Tavolazzi ad alternarsi al basso; Gianni Dell'Aglio, Franco Lo Previte e Karl Potter tra batteria e percussioni; Claudio Maioli alle tastiere e Claudio Pascoli ai fiati; i camei tra i cori di Mario Lavezzi e Alberto Radius. In pratica, una sorta di band allargata a sostegno del disco battistianopiù ricco dal punto di vista strumentale. Un primo saggio di prog latino viene subito offerto dalla fatata "Abbracciala abbracciali abbracciati", che inizia sorniona con batteria e rarefazioni elettroniche, si scatena nel tripudio festante delle trombe e si trasforma poi in una jam bulimica che centrifuga di tutto (un vivace basso funk, percussioni latine, disturbi sintetici, un flauto filtrato e un breve assolo di sax!). "Due mondi", cantata in coppia con Mara Cubeddu dei Flora Fauna Cemento, e "Gli uomini celesti" sono i pezzi nei quali gli influssi della musica latino-americana sono più evidenti: la prima è una sorta di flamenco impuro, arricchito da una sezione fiati stratosferica e dagli orgasmi delle tastiere; la seconda è una samba avvolta nelle atmosfere oniriche del sintetizzatore e squarciata da un breve intermezzo percussivo quasi "concreto". Qui la voce di Battisti è effettata e giunge all'ascoltatore come fosse remota; un espediente, questo, a cui il musicista di Poggio Bustone ricorre spesso nel disco con lo scopo di stimolare l'attenzione di chi ascolta. L'incipit di "Anonimo" si sublima in un luccichio sommesso di suoni sintetizzati, accompagnati dalla melodia bucolica intonata da Battisti. Ben presto, però, il brano si dipana in una nuova jampastorale per basso, batteria, flauto e vibrafono alla quale si aggrega poi anche il canto di Battisti. Nel finale il brano diventa prima un fandango sinistro e poi scema nell'appendice ironica che ripropone in chiave bandistica il motivo de "I giardini di marzo". Dopo le brevi riprese di "Gli uomini celesti" e "Due mondi", arriva il capolavoro "Anima latina", che prende avvio da una introduzione strumentale (affidata all'intreccio incantato di sintetizzatore, piano, chitarra acustica e percussioni) propedeutica all'attacco melodico di Battisti, la cui voce diventa strumento supremo: flebile, si contorce al limite della stonatura col suo timbro fioco e inusuale eppure familiare ed elegante. Il brano evolve, infine, in una danza carioca sfrenata e liberatoria. La canzone più complessa del lotto è "Macchina del tempo", pezzo in cui la band pare lavorare per accumuli di materiale musicale: concatena diverse linee melodiche, varia pervicacemente il ritmo, confonde i registri. Battisti non poteva realizzare brano più distante dalla semplicità (che resta magnifica, sia chiaro) de "La canzone del sole" tanto bistrattata dai suoi detrattori. Restano ancora da approfondire alcuni aspetti delle liriche, che hanno come tema principale l'erotismo: da una parte ci sono quelle che raccontano, in modo delicato e voluttuoso, la scoperta del sesso in età puberale ("Anonimo", "Il salame"); dall'altra quelle che celebrano il momento dell'unione carnale come tripudio dei sensi ("Abbracciala abbracciali abbracciati", "Due mondi"). Le soluzioni poetiche adottate da Mogol, inoltre, sembrano ricollegarsi tanto alla poesia crepuscolare (nell'adozione di un linguaggio colloquiale e quotidiano) quanto alla poesia ermetica (nella semplificazione sintattica e nella criptica inafferrabilità del significato). Variegate sono anche le tipologie di rima a cui il re dei parolieri italiani fa ricorso; non solo quella baciata, ma anche la rima interna ("se tu confondi i mondi: amore e proprietà" da "Macchina del tempo"), la rima inclusiva ("Allontaniamoci verso/ il centro dell'universo" da "Abbracciala abbracciali abbracciati") e la consonanza ("L'universo che respira/ e sospinge la tua sfera/ e la luce che ti sfiora" da "Due mondi"). Nonostante il suo carattere ostico, soprattutto per i fan che probabilmente reclamavano da Battisti l'ennesima hit, "Anima latina" rimase in classifica ben sessantacinque settimane, sebbene ancora oggi tutte le canzoni presenti in scaletta sono pressoché sconosciute al grande pubblico. Referenze e approfondimenti: Renzo Stefanel - Anima latina (No Reply) Gianfranco Salvatore - Mogol-Battisti, l'alchimia del verso cantato (Castelvecchi) Review written by Francesco Vaccaro for tuttorock.com (September 9, 2019) “Questo mio ultimo LP, “Anima Latina”, è per me un’operazione culturale, quasi un esperimento, e tale dovrà restare”. Così parlava Lucio Battisti in un’intervista che accompagnava la contemporanea uscita di quel disco. Un disco destinato ad essere probabilmente il punto più alto della parabola artistica del cantautore e sicuramente un cardine della musica italiana. C’è veramente da stupirsi allora nel pensare che al giorno d’oggi ci siano ancora moltissime persone che lo ignorano completamente. E allora ecco qui l’idea di “mettervi la pulce nell’orecchio”, raccontandovelo con la nostra rubrica. Siamo nel 1974 e Battisti era già una stella nel firmamento musicale del nostro paese, con alle spalle canzoni destinate ad essere immortali. Durante un lungo viaggio assieme a Mogol nel Sudamerica, specialmente nel Brasile, viene folgorato dalla cultura e dalla musica di quei luoghi. Un folgorazione che necessitava di essere impressa su nastro. Tornato a casa inizia la genesi di Anima Latina. Non fatevi ingannare però, quella latina non è l’unica “anima” del disco. Siamo pur sempre nel 1974 ed in Italia imperversa il fenomeno del rock progressivo, al fascino del quale non si poteva restare impassibili. Troviamo quindi parti dove trasudano vibrazioni emesse dalle chitarre acustiche in un meticciato sonoro che unisce salsa, flamenco e samba, ed altre dove sintetizzatori e tastiere creano ambiziose architetture sonore. Ma limitare a questo il contesto “musicale” dell’opera è riduttivo. Non si possono non citare ad esempio una favolosa sezione fiati, un grande Karl Potter alle percussioni, o i cori con due pezzi da novanta come Alberto Radius e Mario Lavezzi. Un’altra importante rivoluzione arriva nei testi. “Ho messo la mia voce in mezzo alla mia musica ed ho inteso stimolare gli altri a capire le parole, ad afferrare il senso o la sola sonorità; ho inteso stimolare chi mi ascolta a fare attenzione a ciò che sta succedendo, a ciò che accade nel momento in cui si ascolta un brano non perché questo sia piacevole, ma perché ascoltare significa qualcosa: e ascoltare con attenzione, magari rimettendo il disco daccapo perché non si è capito, magari facendo irritare chi non è riuscito ad individuare al primo ascolto una parola, è un’operazione stimolante, coinvolgente; è il modo che ho scelto per comunicare con gli altri, per essere presente in mezzo agli altri, per essere quello che dà il pretesto, lo spunto ad un’azione, ad un’operazione“. L’importanza sociale della musica, e la sua enorme forza comunicativa, nel Sudamerica aveva fatto totalmente breccia nell’animo dell’artista reatino. I testi di “Anima Latina” infatti sono totalmente differenti nella forma e nel contenuto rispetto al passato. Liriche talvolta criptiche e psicologiche, altre volte di protesta contro il conformismo. Perfino l’amore che ha un valore portante nell’album viene cantato in maniera meno aggraziata e patinata, ma con maggiore realismo e erotismo. Si potrebbe vedere il disco anche come una sorta di concept sul rapporto fra i due sessi, su ciò che li divide e su ciò che li unisce. Si potrebbero dire e raccontare mille altre cose riguardo quest’opera che ancora oggi sembra essere futuristica. ma l’obiettivo era quello di mettervi la pulce nell’orecchio. Ora tocca a voi… |
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