Lontani dalle sonorità progressivamente più o meno riuscite degli anni 1972-75 e dalle liquidità pretenziosamente psichedeliche di "Poohlover", i Pooh conoscono finalmente una maturità che a tratti sembrava sperduta. Da qui - o forse meglio dal sopraccitato "Poohlover" - i quattro saranno capaci di infilare una serie di ottimi dischi, fino al 1979, anno di uscita di "Viva".
Che dire, siamo nel 1977 e molto già si è detto a partire dall'anno. Ovviamente fa sorridere il fatto che Negrini avesse "intuito" il clima punk che cominciava, spilloni e creste portabandiera, a penetrare anche nel Belpaese, e si fosse deciso a scrivere un concept album metropolitano. Ma il progetto naufragò, forse per inettitudine dell'autore, forse per altre cause, tant'è. Rimase così una manciata di canzoni - probabilmente Sara nel sole, In diretta nel vento e Rotolando Respirando - ed un album da (ri)comporre in gran parte su premesse falsate. Ma stranamente da qui nasce l'insperato.
Non so, a me ascoltandolo viene costantemente spontaneo il paragone coi Beatles; e non solo per quel languido "Michelle..." intonato da Canzian in Che ne fai di te. No, è quella facilità melodica e "di canto" che possiede la maggior parte delle canzoni; certo non si veleggia quasi mai in attesa di sorprese melodiche inaspettate o paesaggi sonori strabordanti, anzi si nota sempre costante una ricerca per la melodia orecchiabile, ma nel contempo estremamente piacevole. Insomma, "pop" nel senso migliore del termine (ed ecco un altro rimando ai maestri del genere).
La produzione è finalmente curata, nonostante i quattro avessero dovuto sobbarcarsi massacranti turni aggiuntivi di riarrangiamento, dati gli errori delle registrazioni originali. Ma la chitarra vede un Battaglia ispirato e quantomai languido (Ancora tra un anno) e dietro le pelli D'Orazio sempre più sicuro... insomma, il gruppo gira bene, oramai affiatato dopo anni di girovagare. E se volessimo andare nello specifico, Rotolando Respirando e Dammi solo un minuto sono due ottime composizioni ricontestualizzate nel tempo, fino alle versioni più disparate (i Gemelli Diversi nel 1998 rifaranno la prima). Ma andrebbero rivalutate, soprattutto il primo, intenso tour de force per le acrobazie del chitarrista che sorregge il brano migliore del disco.
Il clima è in generale rilassato, e gli interventi di piano, su cui si sorreggono la maggior parte delle canzoni, sono bilanciati dalla maestria di Battaglia, evitando virtuosismi fini a sé stessi; e ovviamente mirabile è l'uso delle voci, soprattutto nella title track e in Che ne fai di te, a colorare i brani di un romanticismo comunque mai stucchevole (Il suo tempo e noi), e a contraltare quel nero in copertina che lasciava intuire ancora un poco la spigolosità del progetto iniziale.
Un grande album, che nel bene e nel male ha segnato l'immagine dei Pooh anche negli anni a venire.